CHI SONO

Mi chiamo Julian Colabello, ho 40 anni, sono nato e cresciuto a Roma e nella vita faccio l’Avvocato. Ho una compagna di vita, Sara, e da meno di un anno sono papà di Leonardo. Ho deciso di candidarmi al Consiglio Comunale di Roma Capitale, nelle liste del Partito Democratico a sostegno di Roberto Gualtieri Sindaco.

La mia coscienza politica è maturata nell’ambiente delle associazioni studentesche, liceali e universitarie: da Studenti Democratici al Collettivo di Giurisprudenza presso “La Sapienza”, passando per Agorà. Sin da giovane sono stato tra i movimenti, al centro del conflitto, vivendo in prima persona i tragici fatti del G8 di Genova nell’estate 2001. Da quelle macerie, ho cercato di costruire qualcosa.

Ho fondato l’associazione “VI Piano – laureandi, praticanti e giovani avvocati”, con la quale nel 2009 ho animato la protesta contro la riforma del praticantato, battendomi per i diritti dei lavoratori precari come uno dei portavoce nazionali del movimento “Il nostro tempo è adesso”. Ho fondato l’Associazione “H2 – Soluzioni per il mondo che verrà”: in questo ambito ho ideato “LiberaLibri”, fortunata iniziativa itinerante di libero e gratuito scambio di libri. Sono, inoltre, tra i Fondatori del Partito Democratico: ho contribuito con i Giovani Democratici a rinnovare il circolo del quartiere dove ho vissuto per anni, la Balduina. Nel 2011, in anticipo rispetto allo stesso partito nazionale che non si era ancora espresso, sono stato tra i principali promotori del Sì ai quesiti referendari contro la privatizzazione del sistema idrico.

Nel 2013 e nel 2016 sono stato eletto Consigliere municipale nella XIV circoscrizione: in maggioranza nel primo mandato, assumendo l’incarico di Capogruppo consiliare del PD, e come consigliere di minoranza nel secondo, venendo eletto Presidente della Commissione Trasparenza. Membro dell’Unione Inquilini di Primavalle e nel direttivo del Comitato Popolare Difesa Beni Pubblici e Comuni “Stefano Rodotà”, nonché membro della Cooperativa GenerazioniFuture, ricopro attualmente l’incarico di Responsabile Beni Comuni e Agricoltura nella Segreteria della Federazione PD Roma. Sono il co-fondatore, insieme tra gli altri a Dario Corallo, già candidato Segretario Nazionale del PD, dell’associazione “REDS – Rete dei Democratici e Socialisti – Nessuna risposta oltre la tua”.

Ho sempre evitato gli unanimismi di facciata, anche all’interno del mio partito. L’unità non è un presupposto riservato a pochi ma deve essere la sintesi del pensiero di molti: è frutto di un confronto, una discussione tra diverse posizioni, uno scontro talvolta anche aspro ma necessario. I conflitti nella società esistono e bisogna prendere posizione e saper scegliere da che parte stare: con la conservazione oppure con il cambiamento. Nella vita come in politica ho sempre esposto il mio pensiero in maniera diretta e priva di ambiguità. Ma allo stesso tempo ho cercato di ascoltare e farmi ascoltare senza pregiudizi, di unire e far collaborare tra loro realtà molto diverse, su temi concreti e spesso aldilà degli orientamenti politici. E tutto questo nello sforzo costante di non “annacquare” il mio sistema valoriale o compromettermi ma, al contrario, tenendo fermi i punti irrinunciabili della mia passione politica, cosa che mi ha fatto guadagnare il rispetto anche di molti avversari.

Ecologia, lavoro, giustizia sociale, diritti civili e antifascismo sono solo alcuni dei valori base della mia iniziativa politica. Mi batto per il diritto alla casa, di tutti. Per tutti i beni comuni, per la riattivazione e valorizzazione dei luoghi pubblici e privati abbandonati, per una nuova visione dell’agricoltura e della food policy per Roma, per un trasporto pubblico efficiente contro ogni privatizzazione. E non solo. In questi anni, davanti ai drammatici tagli ai servizi sociali, sono stato accanto alle famiglie a cui è stata tolta l’assistenza e ai lavoratori di questo settore che hanno perso o rischiano di perdere il lavoro, come nel caso nel servizio OEPA (ex AEC) per l’assistenza dei nostri studenti disabili. Presiedendo la Commissione Trasparenza municipale per cinque anni ho evidenziato molte delle gravi falle presenti nell’amministrazione comunale. Infine, seguo da sempre con passione i progetti di riqualificazione dei numerosi Mercati Rionali di Roma. Negli ultimi anni mi sono occupato delle vicende legate ai posteggi commerciali su strada (bancarelle), che ad oggi risultano in tutta Roma in molti casi irregolari, nonché gestiti in modo opaco.

Seguiamo il vento e non temiam tempesta. Con Roma sempre in testa.

LE MIE BATTAGLIE

Il mio impegno per la città ieri, oggi e domani

La mia campagna elettorale non è iniziata con la mia candidatura al Comune e neanche con la mia prima battaglia per l’elezione al consiglio del Municipio XIV nel 2013. La mia campagna elettorale é iniziata quando ancora non avevo pensato di candidarmi personalmente a nessun organo collegiale: io la chiamo “attività politica”. E la faccio da sempre, in maggioranza e minoranza, al governo e all’opposizione, anche e soprattutto al di fuori delle scadenze e degli appuntamenti elettorali. Non amo fare promesse che non posso mantenere, preferisco portare avanti le battaglie in cui credo con coerenza, lasciando che siano le azioni a parlare per me. Negli anni, sono riuscito a realizzare qualcosa di concreto. Non tutto quel che avrei voluto, forse non abbastanza. Ma i frutti di ciò che ho seminato mi hanno dato la forza per non arrendermi, la speranza di cambiare le cose. Oggi, concorro per l’Assemblea Capitolina, nel mio Partito: il PD. Ma non appartengo a nessuna “cordata”, non ho “santi protettori”, ho i miei compagni e amici con cui ho portato avanti le nostre battaglie in questi anni e ho tanti cittadini che hanno conosciuto il mio impegno nel risolvere le “cose”. Voglio ridare un po’ di orgoglio a questa città ripiegata su se stessa. Queste sono le mie idee. Ragioniamoci sopra, con passione e cervello. Mettiamoci la testa.

Roma in testa: una legge speciale per nuovi fondi alla Capitale

Roma merita una classe politica che la difenda con orgoglio. Milano in questi anni ha ricevuto ogni tipo di sovvenzione nazionale mentre Roma veniva definanziata e tassata fino all’osso. È ora di finirla con una politica nazionale che gioca al tiro al bersaglio con la Capitale: speculatori e politici senza scrupoli (Leghisti in testa) che cavalcano l’antiromanità. Io mi candido con il Partito Democratico per il Consiglio Comunale e non ho problemi a dire che, troppe volte, anche a sinistra si è diffusa questa idea che Roma sia un peso per il Paese, piuttosto che il patrimonio inestimabile che è. Ma Roma è Roma, non è come qualsiasi altra città del mondo, figuriamoci d’Italia, senza contare che è la nostra capitale. Se Roma soffre, soffre l’Italia. C’è bisogno di una legge speciale per ottenere fondi nazionali: bisogna sbattere i pugni sul tavolo, e se non lo fanno in Parlamento dobbiamo farlo noi in Campidoglio. Vorrei che anche chi si candida negli altri schieramenti lo dicesse con forza e senza timore: se non ci battiamo noi per la nostra città chi lo farà mai? La risposta dopo 30 anni di massacro è chiara e nitida: nessuno. Il mio slogan è “Roma in testa” e significa usare il cervello, certo, ma anche non accettare più compromessi. È ora di mettere da parte una classe politica che per decenni ha usato Roma come carta di scambio per i propri interessi. Io ci sono, e tu?

Beni comuni: non svendiamo Roma

Mi sono costantemente impegnato, con coerenza e convinzione, nella difesa dei beni comuni, sin dai tempi del Referendum sull’Acqua Pubblica. Oggi sono membro del Comitato per i Beni Comuni “Stefano Rodotà” nonché della Cooperativa GenerazioniFuture e collaboro su questi temi con esperti accademici di primo piano, come nel caso del professor Ugo Mattei. Roma avrebbe bisogno di un regolamento per la gestione condivisa dei beni comuni: al momento non può invece neanche concedere gratuitamente i suoi immobili per funzioni sociali, o mettere a servizio il proprio patrimonio per l’assistenza, il mutualismo, la cooperazione, proprio ora ce ne sarebbe ancor più disperatamente bisogno. A gennaio di quest’anno è stata bocciata in Aula Giulio Cesare una delibera di iniziativa popolare sulla gestione dei beni comuni nonostante le 15mila firme raccolte dalla Coalizione per i Beni Comuni che l’ha promossa. Il tutto mentre secondo la famigerata delibera 140 (eredità della sindacatura Marino, a riprova del fatto che non faccio sconti a nessuno, neanche alla mia parte politica) ogni immobile del Comune dev’essere valutato in modo commerciale, a prescindere dal suo uso, senza distinzioni, per evitare “sprechi”. Associazioni, onlus, comunità, esperienze di ogni tipo affidatarie di beni comunali, vengono così di fatto uccise, per gli affitti stellari che vengono chiesti loro addirittura pretendendo anni di arretrati. Se tutto è commerciale, tutto è monetizzabile e viene messo in concorrenza come fosse un’asta: a decidere il prezzo non è più il Comune, ovvero noi, ma il mercato, che spesso non sa cosa farsene del patrimonio culturale, a parte quando viene svenduto per il pareggio di bilancio o per operazioni societarie spericolate, come la svendita di ATAC per far tornare i conti del “Concordato” tanto voluto dalla Raggi. Occorre dotare l’amministrazione di strumenti per la concessione gratuita dei beni, per finalità sociali e sulla base di patti e convenzioni dettagliate e percorsi di partecipazione, con dei regolamenti che riconoscano come “comuni” anche gli innumerevoli beni privati che risiedono a Roma e che per funzione, storia, valore artistico, sociale o politico dovrebbero essere messi sotto tutela e regolamentati nel loro uso e la loro fruizione, quale che ne sia il proprietario o detentore. Strumenti che rendano accessibili opere d’arte e beni archeologici anche se si trovano in proprietà private, che vincolino grandi complessi in settori strategici della città al dedicarne porzioni ad usi sociali e pubblici, che sottopongano gli stessi terreni e fabbricati a regole ulteriori che ad esempio ne vietino l’abbandono, il deperimento, che vietino la conversione commerciale di luoghi della cultura come i cinema o i teatri o ancora garantiscano l’accesso e la fruizione delle aree verdi o agricole. Sono regole che in parte già ci sono, in parte vanno potenziate ed armonizzate. Così come vanno potenziati e riformati i regolamenti esistenti sulla partecipazione dei cittadini ai processi decisionali (ad esempio in materia urbanistica), rendendoli più pervasivi e vincolanti e soprattutto operativi, non solo consultivi. Ma il primo urgente atto della nuova amministrazione deve essere l’abrogazione – anche a costo di sfidare la Corte dei Conti – della delibera 140, da sostituire con regolamenti che appunto consentano gli affidamenti temporanei, quelli gratuiti, i patti di collaborazione e in generale la valorizzazione della funzione sociale dei beni pubblici, traendo ispirazione da modelli già in essere come a Torino, Bologna e Napoli e sfruttando la legge quadro sui beni comuni approvata ormai due anni fa dalla Regione Lazio e che ovviamente a Roma rimane ad oggi ancora inapplicata. Occorre ridare ossigeno ai tessuti vitali della città, per una nuova rinascita di Roma che parta dall’idea che la città stessa è un bene comune da tutelare e promuovere.

Casa: per tutti a costo di spareggiare il bilancio

Contributi casa quasi nulli, zero case assegnate, ancora decine di migliaia di persone in lista d’attesa. Basta! Il disastro sociale di Roma di questi anni pone la questione della casa e la questione occupazionale come centrali per il futuro della Capitale. Va garantito il diritto alla casa a tutti i romani, nessuno escluso. Negli anni mi sono occupato spesso del tema, collaborando attivamente con l’Unione Inquilini di Roma e partecipando alle loro manifestazioni contro la politica degli sgomberi e contro l’inerzia del Comune nel garantire i diritti fondamentali di migliaia di cittadini romani. Perché l’unica soluzione per chi non ha una casa è…una casa! Che fare? Non è difficile, negli ultimi tre anni si sono assegnate appena qualche decina di case di fronte a oltre 15mila domande in graduatoria e oltre 30mila aventi diritto. Nel prossimo bilancio lotterò per ottenere consistenti stanziamenti per ricominciare a creare e assegnare case popolari nell’ordine di migliaia, anche a costo di andare in disavanzo! Il Comune ha già dei propri immobili inutilizzati e altri se ne possono costruire o acquistare. Io ci sono, non ho timore e mi candido ad andare in Campidoglio ad alzare la mano anche quando altri la terranno bassa per timore, stupidità o semplicemente perché non hanno mai vissuto la povertà sulla propria pelle. Prima i diritti, poi le chiacchiere. Costi quel che costi.

Spazi in disuso: vergognoso non utilizzarli

Tema fortemente collegato a quello dell’emergenza abitativa. Roma è piena di spazi aperti e chiusi, pubblici e privati abbandonati a se stessi, che necessitano di riutilizzo e riqualificazione. Oggi in molte zone del paese l’edificato supera di molto la domanda: occorrerebbe dare la priorità al recupero e all’utilizzo dell’esistente piuttosto che all’edificazione del nuovo. Se infatti, come sostenuto da alcuni, una delle chiavi della ripresa economica del paese è nel settore edilizio, ciò non comporta che non si possano veicolare questi investimenti nel recupero dell’esistente, dalle ristrutturazioni alle riedificazioni agli ammodernamenti. Fuori e dentro le istituzioni, mi sono sempre battuto per difendere il territorio e il suo patrimonio. Come nel 2015 quando organizzai un importante workshop nell’ambito del Progetto TURaS (VII Programma Quadro della Commissione Europea) con l’obiettivo di gettare le basi per il recupero del Parco Agricolo di Casal del Marmo, collaborando con associazioni e realtà territoriali, partner internazionali, istituzioni di prossimità, tecnici ed esperti nazionali ed europei. È stata una tappa di un lungo cammino che, sono sincero, è stato disseminato di sconfitte e delusioni: se nella mia esperienza di consigliere al governo del Municipio XIV avevo contribuito ad iniziare un percorso che avrebbe dato nuova vita a realtà locali come il Comprensorio del Santa Maria della Pietà, il Mercato di S. Igino Papa di Primavalle e il Parco Lineare Ciclopedonale di Monte Mario, il Parco di Monte Ciocci con il Comitato, il Casotto e gli Orti Urbani, la speranza si è infranta con il passaggio all’opposizione che ha lasciato incompiuto il lavoro fatto: abbandonati dalla nuova giunta municipale, la pianta composta da tutti questi progetti è appassita. Restano la rabbia e il dolore, la sensazione di impotenza. Ma io non ho dimenticato nessuna di quelle realtà, gli uomini e le donne che le hanno difese e tutelate: mi candido al Comune per rappresentarli e far sì che tornino ad essere ascoltati. Loro come altre migliaia di romani che in questi anni hanno sofferto sotto l’amministrazione comunale uscente. Riprendiamoci ciò che è stato interrotto. Roma va riattivata, per farle rivivere una nuova primavera sociale, culturale e dei beni comuni.

Agricoltura e food policy: Roma, la città della terra e dl cibo

Agricoltura, politica del cibo e sostenibilità ambientale sono strettamente interconnesse e rappresentano un punto di svolta di qualsiasi programma politico concreto che voglia occuparsi della città eterna. La domanda di fronte a cui ci troviamo è una e semplice: vogliamo una città della terra e del cibo o una città del cemento e del mattone? Negli ultimi tre anni si sono sviluppati a Roma movimenti e proposte civiche che hanno dato una risposta netta a questo quesito chiedendo di essere ascoltati. Come Responsabile Agricoltura e Beni Comuni per il PD Roma, ho curato i lavori della Conferenza Agricola cittadina del PD, cercando di creare un luogo dove queste istanze potessero trovare spazio e diventare un pezzo del programma della Roma che verrà. Insieme ai rappresentanti delle maggiori sigle sindacali e associazioni di categoria, agli attivisti per l’ambiente e per la sostenibilità, nonché a molti amministratori locali che si occupano di politiche agricole e “food policy”, abbiamo integrato temi e spunti in un documento condiviso, che è stato ripreso anche nel programma per Roberto Gualtieri Sindaco di Roma. Tra le proposte: l’avvio di un censimento di tutte le terre pubbliche abbandonate di Roma, una manifestazione d’interesse rivolta a tutti gli agricoltori della città per coinvolgerli in un grande progetto di recupero delle terre, una strategia articolata e condivisa sulle politiche del cibo per Roma che enfatizzi l’uso dei prodotti locali e biologici a Km0 a partire dalle mense scolastiche e pubbliche, la creazione di un ufficio dedicato per l’utilizzo dei finanziamenti europei già a disposizione ma non sfruttati, chiedendo anche in questo caso fondi e programmi dedicati per la Capitale e le sue incredibili potenzialità agricole e culturali e riattivando infine i molti mercati rionali abbandonati, tradizionali hub di distribuzione della produzione locale, ideali per promuovere una nuova cultura agricola e alimentare. Perché Roma può e deve essere anche la capitale dell’agricoltura e del cibo.

Trasporti: una partita per Roma

Il trasporto pubblico è un bene comune essenziale e tale deve essere considerato sia quando si parla di svilupparlo sia quando si parla della sua gestione. È infatti il servizio che consente di raggiungere tutti gli altri servizi (scuole, ospedali, ecc), senza di esso nessun servizio è possibile. Sono un convinto utilizzatore del trasporto pubblico e per molto tempo sono stato definito da molti cittadini “il consigliere degli autobus”, costantemente alle paline delle fermate a documentare sui social ritardi e inefficienze delle corse, senza sconti. Nel 2018 ho fondato il Comitato “MejoDeNo” per il No al referendum comunale sulla liberalizzazione del trasporto pubblico e collettivo, opponendomi alla privatizzazione selvaggia di ATAC e della mobilità pubblica in generale e lanciando una sfida ai partiti della sinistra, PD in primis, a tornare a parlare di valori e ideali e non solo di tatticismi e posizionamenti, o peggio ancora interessi prezzolati. Sì, denuncio i problemi del trasporto ma sono contro la privatizzazione. Non c’è contraddizione tra queste due mie affermazioni: non è colpa dello “statalismo” se ATAC è ridotta in queste condizioni, ma al contrario è la conseguenza di un processo di liberalizzazione e destrutturazione delle aziende municipali che va avanti da vent’anni, al solo scopo di demolire l’intervento dello Stato nell’economia. La stessa unificazione di ATAC, avvenuta nel 2010, era pensata al solo scopo di vendere l’azienda, per privatizzare o semi-privatizzare il tutto, in previsione dell’applicazione del Decreto Ronchi del 2009, abrogato con un referendum nel 2011, quello “sull’acqua pubblica” che riguardava i servizi pubblici essenziali in generale, di cui fanno parte la gestione delle risorse idriche ma anche i trasporti. L’idea falsa che se la città non riesce a gestire un servizio pubblico basti affidarlo a qualcuno di esterno (privato) per risolvere ogni problema non è nuova, del resto. Ed è stata già messa in pratica, con i servizi sociali e le linee di trasporto esternalizzate: le inefficienti linee periferiche sono proprio quelle liberalizzate e gestite da un consorzio privato senza scrupoli, Roma TPL Scarl, che per ricattare il Comune con cui aveva un contenzioso non ha pagato per mesi gli stipendi dei suoi lavoratori, che di conseguenza scioperavano bloccando il servizio per settimane. La gestione dei trasporti deve essere pubblica perché a nessuno deve venire in mente di non pagare gli stipendi e magari alzare le spalle davanti ai cittadini che protestano per il blocco delle linee. Se il Comune non sa gestire il trasporto pubblico, più che cambiare ATAC è meglio cambiare Sindaco. Bisogna rifinanziare e riformare la gestione pubblica del trasporto. Il servizio pubblico deve essere gestito dal pubblico. Sono stato al fianco di chi scioperava contro le scellerate decisioni dell’amministrazione comunale: dai lavoratori di Roma TPL senza stipendio ai presidi caricati dalla polizia dei sindacati di RomaMetropolitane, società partecipata comunale che si occupa della progettazione di metropolitane, messa recentemente in liquidazione dal Comune, con relativo blocco dei lavori della Metro C e di qualsiasi nuovo progetto di metropolitana. Perché stare dalla parte dei lavoratori significa stare dalla parte degli utenti. Sul trasporto pubblico troppi si improvvisano riformatori e troppo spesso ormai anche a sinistra riformare significa tagliare e privatizzare dicendo che i diritti di chi lavora nel trasporto sono uguali e contrari ai diritti di chi i mezzi li prende. Un po’ come quando si dice che i diritti dei vecchi sono a discapito dei giovani o quelli degli stranieri a discapito degli italiani. Non è così e chi lo dice vuole solo una guerra tra poveri per fare i suoi porci comodi. Tema a me caro è poi l’ampliamento del tpl: il completamento della Metro C consentirebbe alle metro già esistenti di collegare territori oggi irraggiungibili in tempi competitivi. Pensate a cosa vorrebbe dire poter partire dal capolinea, scambiare ad Ottaviano e arrivare a Piazza Venezia in meno di mezz’ora. Allo stesso modo bisognerebbe puntare sul prolungamento della Metro A oltre il capolinea di Battistini, collegandolo all’asse di Torrevecchia prima e al Grande Raccordo Anulare poi. D’altronde, il quadrante Roma Nord Ovest è quello meno servito da trasporto su ferro e senza efficienti nodi di scambio di mobilità intermodale. Infine, permettetemi di menzionare il progetto per il prolungamento del Parco Lineare sull’ex ponte ferroviario di Valle Aurelia, risalente in realtà agli anni ’90 e oggi aggiornato malgrado la giunta Raggi l’abbia stralciato dalle priorità. Questa soluzione permetterebbe di collegarsi, partendo dalla periferia a nord-ovest di Roma a quel bellissimo progetto per Roma che è il GRAB, Grande Raccordo Anulare delle Bici. Su questo è nata una bellissima associazione “Andiamo a San Pietro? Sì, ma in bici!” animata da moltissimi cittadini vogliosi di cambiare la città dal basso. Ed è proprio sui trasporti che si gioca la più grande partita di Roma Capitale, fanalino di coda delle capitali europee. Uno dei miei obbiettivi è quello di avere in uno primo step le metro aperte 90 minuti in più per poi arrivare a un trasporto metropolitano accessibile 24 ore su 24

Esercizi commerciali: un nuovo patto sociale

I primi ricordi della mia infanzia sono legati alla ristorazione. Mio padre ha gestito ristoranti per tutta la vita e capisco benissimo cosa comporti intraprendere questa professione, gioie e dolori. Per questo motivo sono sempre stato accanto agli esercizi commerciali del territorio soprattutto nel periodo pandemico, accompagnandoli sia come persona che come professionista e politico. Tanti gli scandali e i paradossi che ho trovato, come ad esempio l’incredibile vicenda della tari, richiesta a tariffa piena a tutti i commercianti della città, nonostante la maggior parte di loro, in questi due anni, abbia lavorato poco e niente. Chi ha pagato ingiustamente deve essere rimborsato in toto e, in generale, la tari va ridotta almeno del 20% a tutti, commercianti e cittadini perché semplicemente troppo alta. Credo quindi necessaria su Roma la costruzione di un nuovo patto di fiducia tra amministrazione e piccola impresa con la creazione di sportelli per semplificare le labirintiche procedure. Roma è la città più bella del mondo e grazie ai ristoranti e ai locali dovremo donarle nuova linfa. La parentesi della semplificazione nelle procedure di occupazione del suolo pubblico durante questo periodo ha reso necessaria la creazione di uno sportello eventi che si occupi di accompagnare le imprese nelle richieste di occupazione, nelle sponsorizzazioni e nel noleggio di piazze e strade pubbliche. Lo sportello assicurerà la semplificazione delle procedure e tempi di risposta certi. Una città che non dorme mai. Su modello tedesco, ci occuperemo di insonorizzare i locali di musica live in modo da permettere l’apertura 24 ore su 24 e tornare a essere un polo di attrazione per il turismo giovanile. La creazione di un profilo digitale per ogni esercente sul sito del comune. Ogni negozio di prossimità, so infatti per esperienza, si occupa della strada e degli spazi verdi intorno alla sua attività. Perché non riconoscergli questo lavoro per la collettività con scontistiche sui servizi del comune?

Sociosanità: il welfare a un passo da te

La pandemia ha reso evidente a tutti l’importanza di una rete sanitaria sul territorio e il Comune deve contribuire e collaborare per creare dei poli sanitari in ogni quartiere. Inoltre va valorizzato il ruolo degli operatori sanitari e sostenuto il riconoscimento di tutte le professioni legate alla sanità. La sanità deve rimanere pubblica e deve essere vicina a ogni cittadino della Capitale.

Vita pubblica: partecipazione online

Bisogna consentire presentazioni, interrogazioni, interpellanze, delibere di iniziativa popolare comunale tramite PEC e firma elettronica o SPID. Lo strumento della posta elettronica certificata, che dovrebbe essere gratuitamente a disposizione di tutti i cittadini come già oggi è lo SPID, è uno strumento importantissimo che consentirebbe, se organizzato con attenzione, la più immediata e semplice partecipazione dei cittadini alla vita pubblica del Paese, proprio come previsto dalla nostra Costituzione, sia nel rapporto con le istituzioni di prossimità (municipi, comuni, regioni),sia nella partecipazione alla proposta legislativa e referendaria. La posta elettronica e la firma certificata consentirebbero infatti di poter sottoscrivere un quesito referendario o una proposta di legge da presentare in Parlamento direttamente da casa. Si tratta di un’idea valida a livello nazionale ma anche a livello romano. Già oggi grazie allo SPID  è possibile richiedere certificati e documenti alla pubblica amministrazione. Ora si tratta di fare un passo in più, ovvero applicare questi sistemi, oltre che alla burocrazia, alla democrazia. Tra pochi anni partecipare alla vita pubblica della città potrebbe essere semplice come mettere like a un post sui social. Il futuro non è mai stato così presente. Raggiungiamolo insieme, con Roma in testa!